Breve percorso che, risalendo dalla piana dell’Oliera, un tempo agricola e oggi interamente urbanizzata, si collega ai sentieri che portano verso il Monte Bisbino.
Il tracciato segue la ripida scarpata, un tempo coltivata e ora imboschita, che costeggia il torrente Greggio, che qui forma una cascata.
La valle Armé, in cui scorre, fino ai primi del novecento separava il Comune di Piazza Santo Stefano da quello di Rovenna, ora entrambi uniti a Cernobbio.
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Il sentiero dell’Oliera
Località di partenza Incrocio di via della Libertà con via Oliera (m 220)
Tempo di percorrenza 15 minuti circa (solo andata)
Dislivello in salita m 70 circa
Quota massima m 290 (confluenza su Via Angelo Noseda)
Difficoltà T (Turistico)
Il sentiero che state percorrendo, l’antica Via dell’Oliera, è stato oggetto nel 2024 di interventi di riqualificazione in base al progetto 7.5.01 relativo alla VALORIZZAZIONE DEI PERCORSI COMUNALI, TRA LAGO E MONTE BISBINO, bando 2020.
Il ripristino dell’area è stato realizzato per riconnettere l’area di Piazzale di Via della Libertà con le (ex) scuole di Campo Solare di Via Noseda, mediante la sistemazione della pavimentazione, il rifacimento di muri a secco, la ripulitura della vegetazione e la posa di segnaletica per il collegamento con le frazioni, unitamente all’allestimento di punti didattici e di sosta.
LA RIQUALIFICAZIONE DEL SENTIERO DELL'OLIERA
Il percorso, seppur breve, attraversa un’area, ora in parte ricoperta dal bosco, caratterizzata dalla presenza di luoghi di interesse storico e panoramico tra cui muri a secco, terrazzamenti e la spettacolare cascata formata dal torrente Greggio, che giunge fin qui dalla pendici del Monte Bisbino. Già noto come il “sentée de l‘oli”, il tracciato univa la frazione di Asnigo con il centro di Cernobbio, risalendo tra orti e campi, già chiamati in documenti del XVI secolo “in oliverio”. Questi toponimi fanno con ogni probabilità riferimento alla presenza dell’olivicoltura, già documentata in questi luoghi da tempi remoti. Nel 1939 il comune acquistò “terreno, sorgenti e fabbricati” a monte della località Oliera per costruirvi la scuola di Campo Solare e, a quel tempo, parte della proprietà era ancora coltivata a vite. Il sentiero oggi ha acquisito la funzione di migliorare la viabilità pedonale tra il centro cittadino e le contrade “alte”.
I luoghi
IL BOSCO E LE SUE FUNZIONI
Contrariamente a quanto si può pensare i boschi non offrono all’uomo solo legname e materie prime, ma una serie di benefici che vanno dalla protezione dei versanti e dei paesi di montagna, alla possibilità di svagarsi e riposarsi all’ombra delle chiome.
Il sentiero dell’Oliera attraversa un piccolo ambito boscato, realizzato “in passato” per mere necessità di collegamento, ma che oggi viene percorso più per esigenze di svago e turismo.
Nonostante l’ambiente del “bosco” sia caratterizzato da un insieme complesso e variegato in cui coesistono molteplici funzioni (naturalistiche, didattico – fruitive, paesaggistiche, produttive e protettive.. ), osservando il popolamento forestale che si trova a monte del sentiero, si può attribuire ad esso una “funzione protettiva” prevalente sulle altre.
La funzione protettiva è tipica di quei popolamenti che assumono, in misura significativa, un ruolo attivo nella regimazione delle acque e di protezione del suolo dal rischio di erosione o smottamento.
La valenza protettiva si esplica attraverso:
– intercettazione della pioggia e della neve da parte delle chiome degli alberi;
– riduzione del trasporto solido in sospensione per erosione di superficie
– limitazione o inibizione del distacco di slavine, massi e lave torrentizie.
– incremento della capacità di assorbimento dell’acqua rispetto al suolo nudo;
MODELLI ED INDIRIZZI GESTIONALI
Quali azioni e quali interventi sono da attuare per valorizzare al meglio la funzione protettiva?
Ecco alcuni esempi operativi:
- Eliminare gli esemplari instabili, morti, invecchiati e compromessi dal punto di vista meccanico, soprattutto se pendenti verso valle (potrebbero innescare cadute di pietre..);
- Salvaguardare e promuovere la copertura diffusa di arbusti e piante cespugliose;
- Favorire una struttura disetanea mista, ovvero piante di specie ed età diverse tra loro;
- Osservare il terreno e le piante, per individuare e monitorare l’evoluzione di eventuali dissesti potenziali o in atto.
- In caso di taglio rilasciare un congruo numero di alberi, anche fino a 600 – 800 piante ad ettaro, eseguendo tagli di piccola estensione per non denudare il suolo e non incidere negativamente sul paesaggio.
CAMBIAMENTO CLIMATICO E LAUROFILLIZZAZIONE
Concomitante alla diffusione delle specie esotiche, con l’aumento della temperatura medie annuali, si sta assistendo anche a un cambiamento della vegetazione spontanea che tende a modificarsi in un processo di adattamento naturale.
Questo fenomeno è definibile con il termine laurofillizzazione, che sta influenzando la composizione della vegetazione forestale attuale.
Molte specie con foglie sempreverdi quali ad esempio l’alloro, il ligustro, l’edera, l’agrifoglio, alcune palme (Trachycarpus fortunei), il nespolo giapponese, sia autoctone che esotiche, stanno prendendo spazio nelle fasce di vegetazione (generalmente caratterizzate da un clima più “freddo”), finora dominio dei castagneti della fascia collinare.
Queste piante sempreverdi sono tipiche di quelle foreste spontanee, ubicate principalmente nelle Azzorre nelle Canarie occidentali, denominate “Laurisilvae subtropicali – temperate”, da cui è stato mutuato il termine laurofillizzazione.
Questa evidente espansione che si può osservare nei sottoboschi delle zone prealpine vicino ai laghi, è in sintonia con quanto avviene nella vegetazione presente nelle fasce climatiche più calde, come confermato da molte ricerche scientifiche pubblicate in questi ultimi anni.
Le piante a foglie persistenti, conseguentemente al rialzo termico, si rivelano più competitive, cioè in grado di sfruttare appieno le giornate miti dell’inverno e delle mezze stagioni, rispetto a forme vegetazionali con un ciclo segnato da un periodo di riposo con perdita completa dell’apparato fogliare, spingendo quindi la loro diffusione ad altitudini sempre maggiori.
La fascia altimetrica interessata dal processo di laurofillizzazione dei boschi di latifoglie sembra per ora fermarsi al limite dei 500 metri di quota e a distanze maggiori di circa 200 metri dai centri abitati, ovvero dai giardini delle abitazioni da dove si diffondono.
PIANTE ESOTICHE
Nel secolo scorso e in quello precedente erano i giardini delle grandi ville e gli orti botanici a ospitare, per studio, ornamento o collezione, esemplari rari, che provenivano da viaggi e terre lontane.
Ai giorni nostri sono invece i giardini delle case e delle ville che ospitano le specie ornamentali più disparate, che diventano quindi fonte di diffusione di piante “esotiche” che poi rovano nei boschi condizioni idonee al loro sviluppo e alla rinnovazione naturale.
Tra le condizioni che determinano la diffusione incontrollata di queste specie, in primis troviamo la capacità riproduttiva.
Quando una pianta riesce a riprodursi, per via sessuale (fioritura e fruttificazione) o per via vegetativa (tale, polloni radicali etc…), allora siamo di fronte a due possibili scenari, ovvero di vedere nel territorio una diffusione di piante esotiche naturalizzate o invasive.
Nel primo caso la nuova vegetazione non ricopre superfici estese e tende a prendere spazio e diffusione ampliandosi nelle vicinanze delle vecchie generazioni insediatesi in origine.
Nel caso delle invasive invece, le piante sono in grado, in breve tempo, di ricoprire estese superfici sia disperdendo grandi quantità di seme, sia adottando una propagazione vegetativa, ad esempio a seguito del taglio di ceduazione facendo riscoppiare tantissimi polloni radicale dove ad ognuno corrisponderà una nuova piantina.
Oltre a ciò vi è, molto spesso, anche il fatto (paradossale) di adattarsi e tollerare molto bene un ampio spettro di condizioni ambientali (umidità, luce, elementi nutritivi, temperature, terreno) che rendono possibile il loro sviluppo anche in ambiti degradati.
Le vie privilegiate di espansione di queste piante sono gli ambiti di confine, dove il bosco è più rado, proprio come il contesto del sentiero di Via Oliera dove si può notare la presenza di piante neofite.