Grazie ai 1.325 metri d’altezza, che ne fanno l’apice altimetrico del Comune di Cernobbio e del Primo bacino del Lago di Como, e alla particolare collocazione geografica, affacciata sul Lario e sulla bassa Val Breggia, il Bisbino è un monte dai tanti volti, un luogo in cui si condensano numerosi elementi di interesse.
il Monte
Bisbino
scheda 1 - Bisbino, il monte dai tanti volti
Grazie ai 1.325 metri d’altezza, che ne fanno l’apice altimetrico del Comune di Cernobbio e del Primo bacino del Lago di Como[1], e alla particolare collocazione geografica, affacciata sul Lario e sulla bassa Val Breggia, il Bisbino è un monte dai tanti volti, un luogo in cui si condensano numerosi elementi di interesse.
Il più importante è il Santuario della Madonna del Bisbino, di cui si ha notizia sin dal 1368[2]. Collocato sulla cima, in posizione simbolica e dominante, è dato da un complesso edilizio che nei secoli si è evoluto dalla primitiva cappella mariana[3]. Oggi, sopra un ampio spiazzo delimitato da mura, vi trovano posto la chiesa, l’antistante vestibolo porticato, il tozzo campanile in pietra, un rifugio e un piccolo museo. Nella chiesa, fatto insolito, sono conservate due statue della Madonna cui l’edificio è dedicato: una in marmo bianco di Musso, sopra l’altare maggiore, e una in legno dipinto, nella cappellina retroaltare, ove sono conservati anche numerosi e interessanti ex voto. La popolarità del santuario aumentò notevolmente dopo il 1630, quando le genti di Rovenna e della svizzera Sagno attribuirono al voto fatto alla Madonna del Bisbino lo scampato contagio dal flagello della peste manzoniana[4]. Attiguo alla parte sacra della struttura c’è, come detto, l’attuale Ristoro alpino Vetta Bisbino, erede di un antico ospizio, dotato di forno, cisterna e cantina per la conservazione del vino, che le fonti citano sin dal Cinquecento[5].
Altro elemento d’attrazione del Bisbino è la panoramicità, che l’agevole accesso rende ancor più godibile. La cima è infatti raggiunta dalla strada militare, oggi comunale, realizzata durante la Grande Guerra nell’ambito delle opere di fortificazione della montagna, che ne fecero un caposaldo della linea difensiva intelvese. Guardando verso nord e proseguendo in senso orario si riconoscono tra gli altri il Sasso Gordona e il Colmegnone, più lontano i monti Legnone e S. Primo, le Grigne, il Resegone, di nuovo vicino l’Alpe Garzegallo. A sud ecco la città di Como e, sullo sfondo, nelle giornate limpide, Milano, la Pianura Padana e gli Appennini. Verso ovest, in lontananza, spicca la punta del Monviso cui seguono, più vicini, Varese e il suo lago, il Lago maggiore e il Monte Campo dei Fiori. Chiudono l’ampio giro il distante ma ben riconoscibile gruppo del Monte Rosa e il più prossimo Monte Generoso, con la ferrovia a cremagliera e la caratteristica mole del Fiore di Pietra di Mario Botta.
I pellegrini e i turisti di un tempo godevano di panorami certo più ampi di quelli odierni, grazie alle praterie pascolive che circondavano e caratterizzavano la sommità della montagna, nella bella stagione brulicante di piccole greggi e mandrie. Oggi la gran parte di quegli spazi aperti ha lasciato il posto ai rimboschimenti realizzati da inizio Novecento e all’avanzata naturale del bosco.
Dagli Anni Trenta del secolo scorso sulla cima ha trovato posto anche una stazione meteorologica dell’Aereonautica Militare, cui in seguito, a ragione della panoramicità, fu anche assegnata la funzione di osservatorio. Oggi non più attiva, ebbe dapprima sede in un locale del santuario, nella porzione est, e poi nella casetta posta a ridosso della cinta muraria[6].
[1] Con questo nome si indica la parte più meridionale del ramo comasco del Lario, quella raccolta a sud della strozzatura definita dalla conoide alluvionale di Moltrasio e dalla punta rocciosa di Torno.
[2] Fossati Irene, 1992. Il Santuario del Bisbino attraverso i documenti. Parrocchia di S. Michele, Rovenna, p. 3.
[3] Fossati Irene, Daviddi Vittorio, 1989. Cernobbio «picciola terra». Edizioni New Press, Como, p. 187.
[4] Fossati I., Daviddi V., 1989. Cernobbio «picciola terra». Opera citata, pp. 188-189.
[5] Fossati I., 1992. Il Santuario del Bisbino attraverso i documenti. Opera citata, pp. 7-11.
[6] L’osservatorio venne chiuso nel 2007, la stazione meteo nel 2010; vedi: Pagano Paolo, 2020. Gli occhi del tempo. In: Rivista di Meteorologia Aeronautica, gennaio-marzo 2020, pp. 100-103, e comunicazioni personali dell’autore.
scheda 2 - I segni della Grande Guerra sul Monte Bisbino
Per la favorevole collocazione geografica e la discreta altezza (con 1.325 m è la cima più alta del Primo bacino del Lago di Como), durante la Grande Guerra il Monte Bisbino costituì il caposaldo meridionale della Frontiera Nord nel Lario Intelvese, fortunatamente mai divenuta teatro di scontro [vedi Scheda 00]. Una serie di manufatti, che il tempo inesorabilmente trasforma ma che ancora con forza segnano i luoghi, ricordano quel sanguinoso evento a oltre un secolo dalla loro costruzione, avvenuta in pieno conflitto, tra il 1916 e il 1917.
La prima opera realizzata lungo le pendici della montagna, propedeutica alla formazione degli apprestamenti in quota, è la bella strada militare intitolata a Vittorio Emanuele III, che tutt’oggi, con fattezze di comune strada asfaltata, prende avvio da Rovenna e culmina poco sotto la cima, ove trova posto un piccolo parcheggio[1]. Volutamente dolce e regolare, e solo per brevi tratti sovrapposta all’antica mulattiera per il monte, si sviluppa per circa 12 chilometri, contando ben 25 tornanti. Un cippo con l’intitolazione e due pilastrini in pietra ne marcano tutt’oggi l’inizio, presso il cimitero di Rovenna[2].
Il resto delle opere è sulla cima del Bisbino, che costituiva appunto il caposaldo meridionale della linea difensiva intelvese, allungata sul fianco orientale del “cuneo” ticinese. Il presidio era costituito da due appostamenti d’artiglieria, composti ciascuno da quattro piazzole per cannoni da 149 mm, da trincee e camminamenti e da un singolare osservatorio in galleria, il cui accesso è da un bel portale, con stemma sabaudo sulla chiave dell’arco, affacciato a sud lungo il tratto terminale della strada militare. La fortificazione è approssimativamente foggiata a L, con un lato delle artiglierie rivolto a Nord e l’altro a Ovest, al fine di operare su un territorio compreso tra il Monte Generoso e Chiasso. La direzione del tiro sarebbe stata diretta dall’osservatorio in galleria, realizzato sotto la vetta del monte e nella parte nord-ovest organizzato su due livelli: quello basso collegato alle trincee e quello alto attestato a due punti di osservazione, con feritoie strombate e dotate di ante metalliche di chiusura. La fortificazione vede le sue appendici, costituite da trincee, camminamenti e ricoveri, spingersi verso Ovest sin quasi a Cà Bossi e verso Sud al Pizzo Cavalèra[3]. Parte delle opere presenti nell’area sono illustrate da alcuni pannelli posti nei loro pressi.
[1] La strada fu realizzata dall’impresa Tettamanti di Como, per un importo di ₤ 140.000; vedi: Tattarletti Giuseppe, 1989. Le opere militari del Monte Bisbino. Comune di Cernobbio, pp. 13, 17.
[2] Trotti Antonio, 2013. Alla scoperta della Frontiera Nord. Otto spunti di turismo storico-militare tra Varese, Como, Lecco, Sondrio e Canton Ticino. Museo della Guerra Bianca in Adamello ed ERSAF. Collana Quaderni del Museo, 2, pp. 38-42.
[3] Tattarletti G., 1989. Le opere militari del Monte Bisbino. Opera citata, pp. 13-42; Trotti A., 2013. Alla scoperta della Frontiera Nord. Opera citata, pp. 36-42.
scheda 3 - La Linea Cadorna, rinforzo in tempo di guerra della Frontiera Nord
Durante la Grande Guerra il confine settentrionale del nostro Paese fu considerato in pericolo: l’ambigua posizione della Svizzera faceva infatti temere un ingresso da Nord delle truppe austro-tedesche, che sfruttando la morfologia di alcune vallate sarebbero in breve potute giungere nei centri nevralgici della Val Padana.
Per contrastare quest’eventualità, a partire dal 1916[1] venne avviata la costruzione di una lunga e articolata linea difensiva, distesa tra la Val d’Ossola e le Orobie orientali, che oggi è comunemente nota come Linea Cadorna, dal nome del generale che la promosse. Le opere si imperniarono sulla cosiddetta Linea di difesa alla Frontiera Nord, o Frontiera Nord, un sistema difensivo ideato già nella seconda metà dell’Ottocento, ma solo in piccola parte realizzato, che prevedeva la fortificazione del confine settentrionale, sin d’allora ritenuto fragile, tra la Val d’Aosta e lo Stelvio[2]. La Frontiera Nord era un susseguirsi di opere difensive collocate in siti strategici, che nel suo insieme formava una sorta di catenaccio discontinuo a difesa delle potenziali vie d’ingresso al Paese.
La linea difensiva fu articolata in sei settori[3], di cui quello denominato Ceresio-Lario, esteso da Viggiù a Menaggio, era senza dubbio uno dei più delicati: qui infatti, grazie al “cuneo” ticinese, il confine svizzero si avvicina maggiormente alla pianura lombarda e al suo capoluogo, Milano. Esso fu perciò interessato da una particolare concentrazione di apprestamenti difensivi, che fortunatamente rimasero inattivi alla stregua dell’intera opera militare. Infatti, nonostante i timori e l’immane sacrificio umano chiesto dal conflitto, la Linea Cadorna non fu mai un fronte di guerra.
Nel gennaio 1917 venne creato il Comando OAFN (Occupazione Avanzata Frontiera Nord), con lo scopo di completare il sistema fortificatorio e organizzare la difesa. Ma il rapido mutare degli scenari impose già in estate la concentrazione delle forze armate lungo il confine orientale, dove imperversavano i combattimenti, con conseguente perdita di ruolo della Frontiera Nord, ancora in completamento. Nel 1919, a conflitto terminato, il Comando OAFN venne sciolto[4].
Il Monte Bisbino costituiva il caposaldo più meridionale della Frontiera Nord nel Lario intelvese [vedi Scheda 00], la quale seguendo la linea di cresta disegnava una sorta di grande S partendo dai monti Galbiga e Tremezzo.
[1] Greco Antonio, Beccarelli Davide, 2006. Le fortificazioni della Val d’Intelvi. Tra natura e storia alla scoperta dei manufatti della Prima Guerra Mondiale. Comunità Montana Lario Intelvese, collana Perle d’Intelvi. Bellavite Editore in Missaglia, pp. 14, 25; Boldrini Francesca, 2010. La difesa di un confine. Le fortificazioni campali della Linea Cadorna nel Parco Spina Verde di Como. Parco Regionale Spina Verde, Como, p. 13.
[2] Trotti Antonio, 2013. Alla scoperta della Frontiera Nord. Otto spunti di turismo storico-militare tra Varese, Como, Lecco, Sondrio e Canton Ticino. Museo della Guerra Bianca in Adamello ed ERSAF. Collana Quaderni del Museo, 2, pp. 8-9.
[3] http://it.wikipedia.org, voce Frontiera Nord (consultata il 07.10.2022).
[4] Boldrini F., 2010. La difesa di un confine. Opera citata, pp. 17-21.